il primo piano

La visita prosegue al primo piano, dove i reperti sono organizzati secondo sezioni tematiche: la domus e lo spazio privato; Aquileia, porta del Mediterraneo, luogo dell’incontro di merci, persone, culture e religioni; il territorio e le attività produttive. Lungo la scala, i volti degli antichi abitanti di Aquileia accompagnano il visitatore nel racconto e nella scoperta della città grazie all’originale soluzione museografica pensata per la sezione dei ritratti.

La domus

Le abitazioni aquileiesi erano distribuite entro quartieri residenziali all’interno della città e nell’area suburbana, dove sorgevano le grandi ville. Le abitazioni private rappresentavano per i membri più in vista della società un importante strumento di affermazione sociale e l’esibizione della ricchezza coinvolgeva ogni aspetto: dalle dimensioni degli edifici, a volte estesi all’intero isolato, ai giardini abbelliti da sculture e fontane, agli elementi di arredo e alle suppellettili, fino ai rivestimenti ad affresco, in mosaico e in marmi policromi delle pareti e dei pavimenti, che qualificavano con la loro raffinatezza soprattutto le grandi sale di ricevimento.

Il livello delle domus aquileiesi è testimoniato soprattutto dalla qualità dei mosaici pavimentali. Le ampie superfici delle sale di rappresentanza erano decorate da una varietà di trame geometriche ravvivate da motivi floreali, da scene figurate ispirate alle tematiche più in voga e da intarsi marmorei in colori vivaci. La grande richiesta della committenza locale determinò lo sviluppo di una produzione di mosaici che deve la sua varietà alla fitta rete di contatti e relazioni di Aquileia all’interno del mondo romano. Dall’area greco-orientale provengono i modelli che ispirarono i tre raffinati pavimenti realizzati in piccole tessere dalle vivaci colorazioni: Europa, o una Nereide su toro marino, i resti di un sontuoso pasto abbandonati su un pavimento non spazzato e il mosaico con tralci di vite uniti al centro da un fiocco, che impreziosiva in triclinio di una casa dello stesso quartiere.

Allo svolgimento di sontuosi banchetti erano riservati spazi ampi e lussuosi, caratterizzati dai ricchi apparati decorativi e dall’eleganza degli arredi mobili. Suppellettili in ceramica, vetro, bronzo e argento formavano i servizi da tavola per il consumo di cibi e bevande. La grande varietà di forme e decorazioni che caratterizza brocche, bottiglie, coppe, misurini e grandi contenitori per la preparazione del vino è dovuta alla rapida trasformazione degli usi e delle mode, che imponevano l’acquisto di oggetti sempre nuovi per arricchire i servizi di famiglia.

Anche i numerosi oggetti d’arredo della collezione museale aiutano a ricostruire l’aspetto interno delle domus aquileiesi. I mobili erano realizzati anche allora in legno, corda, vimini, cuoio o pelle, materiali conservatisi molto raramente ad Aquileia. Restano invece le loro decorazioni, ottenute da lamine sbalzate o da figurine a tutto tondo in bronzo, osso e avorio, applicate su letti, bauli, tavolini, sedie e sgabelli. Le stanze erano rischiarate dalla luce naturale che filtrava attraverso le lastre di vetro delle finestre e dalle fiamme di lucerne, lampade e torce. Arredi in marmo e in bronzo arricchivano anche i giardini e i peristili; diffuso era il gusto per le collezioni di opere d’arte greca e per le gallerie di filosofi, poeti e personaggi illustri.

Aquileia porta del Mediterraneo

Grazie al ruolo di collegamento fra il Mediterraneo e l’Europa danubiana e renana, Aquileia fu un emporio ricco e ampiamente frequentato, snodo tra le rotte commerciali mediterranee e i mercati transalpini. Il sistema portuale aquileiese, posto all’estremità settentrionale del mare Adriatico, funzionò quale centro di ridistribuzione di materie prime, derrate alimentari e manufatti artigianali e artistici che viaggiavano tra le province d’oltralpe, i Balcani e la pianura padana.

Iscrizioni, stele funerarie, ritratti e altri reperti raccontano della miriade di figure che concorsero a fare di Aquileia un centro economico e militare di primaria importanza, luogo di passaggio e di incontro di persone, idee, religioni e culture diverse. Per alcuni, la città dovette essere solo un luogo di passaggio, mentre altri vi si stabilirono, come l’africano Restutus, pienamente integrato nella comunità cristiana di Aquileia. Il movimento delle merci necessitava di ditte specializzate nei trasporti, di commercianti e addetti alla dogana, attività gestite sia dalle grandi famiglie aquileiesi che da stranieri, quali Titus Flavius Eupor, originario di Corinto, o il doganiere Aiacius Dama, proveniente dalla Giudea.

 Attraverso il commercio marittimo giungevano ad Aquileia il grano e altre merci essenziali come vino, olio, salse di pesce e frutta, trasportate in anfore di svariate forme e dimensioni. Insieme alle derrate alimentari viaggiavano anche manufatti ceramici e preziosi oggetti in vetro. Le vicine miniere dell’arco alpino assicuravano l’approvvigionamento del ferro, mentre dall’Istria proveniva la pietra impiegata per la costruzione di molti edifici pubblici, prima della diffusione dei marmi orientali, che dal II secolo d.C. presero il sopravvento nella decorazione architettonica. Lungo i medesimi assi commerciali si sviluppava anche un fiorente mercato di manufatti in ambra e pietre preziose, dei quali Aquileia costituiva un importante centro di lavorazione e redistribuzione su ampia scala.

Durante il regno di Diocleziano (284-305 d.C.) la città fu scelta come sede del governatore della Venetia et Histria e il suo ruolo militare si accrebbe: vi furono distaccati un comando militare terrestre e uno navale, con il compito di assicurare i collegamenti e il vettovagliamento alle truppe impegnate nelle regioni danubiane. Calzature, elmi, paramenti, armi e munizioni, accessori per carri e cavalli testimoniano la presenza di guarnigioni e il transito di eserciti e legionari nella città. Le necropoli di Aquileia hanno restituito numerose stele funerarie di militari dalle provenienze più diverse: tra gli altri i pretoriani, membri della guardia personale dell’imperatore, i fanti e i cavalieri, appartenenti alle legioni di stanza in area danubiana.

Il carattere multiculturale di Aquileia determinò anche la fortuna di numerose divinità di origine straniera, che durante l’età imperiale si affiancarono agli dei del pantheon tradizionale, giunti al seguito dei primi coloni. Iside e Serapide provenivano dall’Egitto greco-romano, Cibele, Attis e Artemide Efesia dalla provincia d’Asia, le Iunones dalle Gallie. Un ruolo importante ebbero anche il persiano Mitra, tradizionalmente legato all’esercito, e Beleno, divinità di origine celtica che divenne nume tutelare della città.

Aquileia fu un precoce centro di ricezione del cristianesimo in Occidente, come testimonia il fervore edilizio che portò nel IV secolo d.C. all’edificazione della basilica e degli altri edifici cristiani dislocati nella città e nel suo territorio. I simboli della nuova fede come il monogramma costantiniano (chrismón) si ripetono sulle epigrafi e sugli oggetti riferibili all’arredo liturgico e alle offerte dei fedeli.

LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE

Numerose attività produttive legate al territorio alimentavano l’economia aquileiese affiancandosi ai prosperi traffici commerciali. Le caratteristiche geografiche della regione diedero impulso allo sfruttamento agricolo, a prevalente vocazione vitivinicola e olearia. La presenza di ampie zone boschive favorì lo sviluppo di imprese per la lavorazione del legno e la cantieristica. I depositi di argilla presenti a ridosso dei corsi d’acqua nella bassa pianura alimentavano le fabbriche di anfore, vasellame e lucerne. La grande espansione edilizia che nella prima età imperiale cambiò il volto della città determinò anche la nascita di una fiorente industria di laterizi, della cui organizzazione rimane testimonianza nei numerosi marchi di fabbrica apposti sui prodotti. Parallelamente la necessità di un adeguato sistema di approvvigionamento idrico contribuì allo sviluppo di officine specializzate nella produzione di condutture in piombo.

Vi erano poi numerose attività manifatturiere dedicate alla lavorazione delle materie prime che giungevano nel territorio attraverso i commerci.

Anfore, botti e rilievi funerari figurati che evocano le attività legate alla viticoltura testimoniano la ricchezza dei vigneti nel territorio aquileiese. Le fonti storiche confermano che i vini locali erano molto apprezzati: Livia, moglie dell’imperatore Augusto, attribuiva la propria longevità al Pucinum, vino prodotto probabilmente sulle vicine alture del Carso.

Consistente è anche la documentazione relativa all’allevamento degli animali, a cui si collegavano la lavorazione e il commercio di carni e le attività legate alla produzione e alla trasformazione del latte, della lana e delle pelli. Sul territorio erano inoltre presenti diverse manifatture specializzate nella lavorazione dei tessuti, testimoniate dalla presenza di addetti alla filatura, tintori, tessitori di lino, sarti e, dal IV secolo d.C., di una fabbrica statale di vesti militari (gynaecium).

La quantità, qualità e varietà dei reperti aquileiesi in vetro testimoniano il ruolo strategico rivestito dalla città nel commercio e nella produzione di questo genere di manufatti.

I metodi di fabbricazione erano diversi e variarono nel tempo: nella prima età romana erano più comuni la modellazione su forma e la fusione dentro matrice, mentre dalla metà del I secolo a.C. fu più utilizzata la tecnica della soffiatura, libera e in stampo. Spesso la materia prima era costituita da scarti di precedenti lavorazioni e da frantumi che venivano raccolti appositamente per essere riciclati. I colori si ottenevano aggiungendo polveri minerali al vetro fuso; le superfici venivano poi decorate secondo tecniche diverse.

Numerosi scarti di fornace e alcune matrici in terracotta documentano inoltre la presenza di forni di cottura per ceramica distribuiti attorno alla città, fuori dalle mura, anche se pochi sono gli impianti localizzati con certezza. Tra II e I secolo a.C. si producevano manufatti che imitavano, con risultati di bassa qualità, ceramiche importate dalla Grecia e dall’Italia centromeridionale (vasellame a vernice nera e a pareti sottili), destinati prevalentemente al mercato locale; a partire dal I secolo d.C. gli artigiani aquileiesi cominciarono a produrre anche oggetti destinati all’esportazione.

Anche la lavorazione dei metalli è ampiamente attestata ad Aquileia. I monumenti funerari documentano la presenza di diverse categorie di fabbri, della cui attività rimane testimonianza in due immagini di officina. Le iscrizioni ricordano anche i fabri aciarii, specializzati nella produzione di ferro temprato di alta qualità, i fabbricanti di chiodi (clavarii), di armi (gladiarii) e gli artigiani specializzati nella lavorazione dei metalli preziosi (argentarii), alla cui attività sono riconducibili diverse matrici.

In metallo erano gli strumenti di agrimensori, carpentieri e muratori nonché dei medici, in genere schiavi o liberti di origine greca e alcuni oggetti per la cura del corpo, come gli strigili, utilizzati per detergere la pelle dal sudore e dalla polvere. Su di essi sono spesso presenti marchi di fabbrica, che riportano il nome dei produttori aquileiesi, tra cui spiccano i Tampii, giunti dal Lazio ad Aquileia agli inizi del I secolo a.C.

Numerosi esempi di scultura non finita testimoniano la vivace attività e l’alto livello qualitativo raggiunto dalle botteghe scultoree della città, dove non è escluso che artigiani locali fossero affiancati da maestranze giunte direttamente dall’Oriente mediterraneo. In età repubblicana le sculture più frequenti erano i ritratti di ambito funerario, mentre a partire dal I secolo d.C. si cominciarono a produrre opere destinate ad arricchire anche domus ed edifici pubblici. Fiorente era anche la produzione di sarcofagi in marmo, che imitavano i preziosi esemplari provenienti dalla Grecia e dall’Asia Minore con il loro ricco repertorio mitologico.

Il piano terra