il piano terra

Aquileia. La città e il territorio

Il percorso espositivo si apre con una sala in cui il visitatore può orientarsi all’interno della città e del quadro geografico d’insieme in cui sorse Aquileia nel II secolo a.C. Alcune tra le opere più iconiche della collezione raccontano in modo suggestivo la millenaria storia di Aquileia, dalle fasi precedenti alla fondazione alle vicende che la resero famosa in età imperiale.

La colonia latina di Aquileia fu infatti fondata nel 181 a.C. dai magistrati Publio Cornelio Scipione Nasica, Gaio Flaminio e Lucio Manlio Acidino Fulviano, in un territorio interessato da precedenti insediamenti di età protostorica. La sua istituzione fu decisa dal Senato di Roma nel quadro della politica espansionistica verso le regioni padane e balcaniche. Al ruolo di avamposto militare si affiancò presto una forte vocazione commerciale, favorita dalla posizione geografica e dalla presenza di un ampio fiume navigabile, il Natiso cum Turro. La sua funzione strategica si accrebbe nel II e III secolo d.C., quando divenne baluardo della penisola italica verso Oriente e, dalla fine del III secolo, sede del governatore della provincia Venetia et Histria. Dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente Aquileia divenne sede patriarcale e mantenne una grande rilevanza politica; il ruolo di centro religioso rivestito nei primi secoli del cristianesimo contribuì ad accrescerne la fama, costituendo un elemento di continuità fino ai nostri giorni.

La visita prosegue con una sezione interamente dedicata all’articolata storia del museo nelle sue fasi cronologiche e dei personaggi che si sono spesi per la conoscenza e la tutela dell’ingente patrimonio archeologico del sito.

Gli scavi, gli studi, il museo

Il nucleo storico della collezione del Museo si deve all’attività del primo collezionista e studioso di antichità aquileiesi, Giandomenico Bertoli, che raccolse numerosi reperti nella sua casa e dedicò ai ritrovamenti tre volumi dal titolo Le Antichità d’Aquileja profane e sacre (1739). La sua raccolta confluì successivamente in quelle delle famiglie Cassis Faraone e Ritter Záhony, che nella villa in località Monastero costituirono un vero e proprio museo privato. Un momento fondamentale per la nascita delle istituzioni museali aquileiesi fu la creazione nel 1807 del primo museo pubblico, il Museo Eugeniano, da Eugène de Beauharnais, figliastro di Napoleone Bonaparte, per breve tempo allestito nel battistero della basilica e nella Chiesa dei Pagani. Nel 1873 il Comune di Aquileia inaugurò il Museo Patrio della Città, la cui ricca collezione sarebbe confluita pochi anni dopo nell’Imperial Regio Museo dello Stato, istituito dalla monarchia asburgica, che fino al primo conflitto mondiale mantenne il controllo della Venezia Giulia e del territorio di Aquileia.

L’inaugurazione dell’Imperial Regio Museo dello Stato o Caesareum Museum Aquileiense ebbe luogoil 3 agosto 1882 alla presenza dell’arciduca d’Austria Carlo Ludovico. Nell’allestimento fu adottato un criterio espositivo di tipo antiquario, suddiviso in classi di materiali: iscrizioni, opere di scultura e oggetti minuti, le cosiddette Antikaglien. Nel 1898 prese avvio la costruzione delle Gallerie lapidarie, dove furono esposti i numerosi reperti che non trovavano spazio all’interno dell’edificio e che i ritrovamenti e gli scavi archeologici continuavano a portare alla luce. A partire dalla sua istituzione, la funzione del museo quale luogo di conservazione e di esposizione delle antichità aquileiesi si intrecciò strettamente con l’attività di studio e ricerca archeologica.

Il museo fu una delle prime istituzioni a passare sotto il controllo italiano, il 24 maggio 1915, all’indomani dell’entrata in guerra contro l’Austria. Nel 1922 divenne direttore del museo l’archeologo Giovanni Battista Brusin, che guidò l’istituzione fino al secondo dopoguerra, dando nuovo impulso allo studio del patrimonio aquileiese e agli scavi. La fortunata collaborazione con l’Associazione Nazionale per Aquileia, nata nel 1929 per promuovere l’archeologia del territorio, gli permise di indagare i principali monumenti della città romana e di avviare significative opere di restauro e riqualificazione finalizzate alla loro pubblica fruizione.

Nel secondo dopoguerra il museo fu interessato da un radicale rinnovamento. Nel 1954 riaprì dopo un importante intervento di riallestimento delle collezioni, seguito dalla musealizzazione del secondo piano dell’edificio e dalla costruzione di un nuovo quadriportico nelle Gallerie lapidarie, dove furono esposti i mosaici più importanti della collezione. Il continuo aggiornamento degli allestimenti museali è proseguito nel tempo, con il rinnovamento di alcune sezioni e il rifacimento del secondo piano.

Il percorso espositivo si sviluppa lungo le sale del pianoterra, in cui iscrizioni, frammenti architettonici, rilievi e sculture raccontano la monumentale Aquileia pubblica e i suoi spazi dedicati al mondo dei vivi e a quello dei morti.

Lo spazio pubblico

I monumenti pubblici costituivano lo sfondo della vita politica, economica, religiosa e istituzionale della città. La loro realizzazione fu avviata sin dalla fondazione della colonia secondo un piano urbanistico perfezionato nel corso dei secoli dal potere centrale di Roma e dall’amministrazione civica, con il contributo di cittadini privati, i cui nomi sono di frequente menzionati nelle iscrizioni dedicatorie.

Alla ricchezza e alla monumentalità dello spazio pubblico contribuiva in larga misura la decorazione scultorea: sculture monumentali decoravano gli edifici più importanti secondo programmi figurativi ben precisi. I soggetti spesso si ispiravano alla mitologia, come nel caso dei medaglioni dei Dodici dei e delle due rappresentazioni di generale vittorioso ispirate al modello dell’eroe greco Diomede.

Come a Roma e nel resto d’Italia, nella fase più antica il materiale impiegato per ornare gli edifici pubblici era la terracotta. Solo a partire dal I secolo a.C. si affermarono maestranze specializzate nella lavorazione della pietra, soprattutto calcare proveniente dalle vicine cave di Aurisina, mentre nel II secolo d.C. si ebbe un maggiore impiego di marmi di importazione.

Il cuore della vita pubblica era il foro che costituiva il complesso più antico di Aquileia, presente, come le mura difensive, già dalla metà del II secolo a.C.

Il foro di età repubblicana era costituito da una piazza pavimentata di forma allungata, su cui si affacciavano gli edifici destinati alla vita politica, economica e religiosa della colonia: il comizio, il retrostante mercato alimentare (macellum) e il tempio. Di questo primo edificio sacro abbiamo notizia soltanto dall’iscrizione posta sulla base della statua del triumviro Titus Annius Luscus. Tra la fine del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C. il foro assunse l’assetto monumentale tuttora visibile, in seguito ulteriormente rinnovato negli apparati decorativi. L’attico posto a coronamento dei quattro porticati fu decorato con rilievi raffiguranti Giove Ammone e Medusa, alternati a ghirlande sostenute da amorini. Sul lato sud fu realizzata la basilica civile, destinata all’amministrazione della giustizia. Nel corso dei secoli successivi il foro divenne anche il centro della memoria civica, luogo di conservazione ed esposizione delle immagini dei personaggi illustri della storia locale, ricordati nel IV secolo d.C. da iscrizioni scolpite tra i rilievi dell’attico.

La vita economica gravitava invece attorno al grande porto fluviale e alle numerose strutture commerciali e di stoccaggio distribuite dentro e attorno alla città.

Il settore occidentale della città era dedicato agli edifici di spettacolo: nella stessa area in età tardoantica sorsero le terme pubbliche, Thermae Felices Constantinianae. A partire dall’età di Costantino la città si arricchì di nuovi edifici sacri dedicati al culto cristiano, dislocati sia all’interno che all’esterno del circuito murario.

Le necropoli

Le necropoli di Aquileia erano dislocate fuori dalle mura, lungo le vie di accesso alla città, come la via Gemina verso Tergeste (Trieste), la via Annia verso Iulia Concordia (Concordia) e le strade che conducevano verso le Alpi e verso gli approdi lagunari. Le sepolture di uno stesso gruppo familiare erano racchiuse entro recinti funerari allineati su più file parallele e organizzati in modo da permettere lo svolgimento delle cerimonie funebri. Il possesso di un monumento funerario lungo i più importanti assi viari costituiva uno strumento per esibire ai passanti il prestigio sociale della famiglia del defunto: grande risalto veniva dato alle statue, ai bassorilievi e alle iscrizioni che con immagini e parole consentivano di tramandare la memoria.

Le sepolture più antiche erano ad incinerazione, con l’utilizzo di urne in terracotta, pietra, piombo, ma anche alabastro, a loro volta spesso contenenti recipienti di vetro. A partire dalla prima metà del II secolo d.C. fu preferita l’inumazione in sarcofagi o casse di legno, laterizio o piombo.

Il primo piano