Il mercante d’ambra

frammenti di ambra grezza conservati al MAN di Aquileia

Mi chiamo Nardgaot e vengo dalla terra chiamata Estingia, la terra degli Aestii, ai miei occhi solo una landa di steppa e campi che si apre sul mare e su null’altro. La mia è gente semplice, coltivatori di grano dalle braccia forti; poco abbiamo a che fare con i nostri vicini di casa, i Goti, forti guerrieri e uomini temerari. Anche la nostra lingua è anonima, una sorta di ibrido tra quella degli Angli e quella Germanica, senza però avere né la musicalità dell’una né la forza dell’altra.

Come credo si sia capito non mi piace questo posto. Ho provato ad andarmene ma non è facile. “Guerre non ne facciamo, non c’è bisogno di giovani che si arruolino”- mi ha detto mio padre – “pensa ai campi e a mettere su famiglia, servono nuove braccia per i raccolti, questo è l’anno buono.” Peccato che tutti siano anni buoni per mio padre e che io, a 17 anni, non voglia pensare a sposarmi ma a viaggiare, meglio se molto lontano da qui.

C’è un mercante in città, uno dei pochi che ha raggiunto le terre a sud del Danubio. La gente lo definisce un matto, per loro solo un folle potrebbe preferire il pericolo del viaggio alla pace della nostra baia. Si chiama Heistald e vende l’ambra ai Romani. Qui non sappiamo lavorarla, sembrano solo sassetti colorati, eppure quando torna porta sempre con sé un magnifico manufatto o delle statuette incise che risplendono dei colori del Sole. Questo vuol dire che siamo noi a non essere capaci di valorizzarla, o che per lo meno, non ne abbiamo voglia. Lo scorso autunno ha detto di aver raggiunto l’emporium più a sud della Via dell’ambra, così chiama il percorso che collega le nostre terre all’Impero. Si tratta di una città molto più grande dei nostri insediamenti, con un mercato, un porto e un foro. Mi ha parlato di splendidi pavimenti colorati, mosaici mi sembra, fatti di pietre colorate che arrivano da tutto il mondo, via mare o via terra. Le piccole tessere quadrate, messe una vicino all’altra, creano disegni così realistici che pare veramente ci siano teste di pesce e uova per terra. Ad Aquileia, questo il nome della città, le strade sono decorate da statue di uomini illustri, raffigurati fieri nelle loro toghe o con la corazza. “Uomini d’onore, di cultura e di coraggio, ma anche bravi artigiani e mercanti” – così ne parla Heistald ogni volta che gli chiedo di quel popolo lontano. “E poi nella piazza grande del foro ci sono portici e botteghe di ogni tipo dove mi fermo sempre a comprare qualcosa prima di tornare.” 

Oggi l’ho seguito, voglio vedere dove raccoglie la sua merce. Ho provato a domandarglielo più volte, ma non si è mai sbilanciato, pare sia il suo segreto. È arrivato fino in spiaggia, nell’insenatura più lontana dal villaggio, e si è messo a rovistare tra i ciottoli per molto tempo. Che strano, non sapevo fosse il mare a portarli da noi. Poi, con un sussulto, ecco che prende quello che deve essere il pezzo d’ambra più grande della sua carriera; lo capisco dallo sguardo incredulo e di completa ammirazione con cui fissa la pietra grande come il mio pugno. Scivolo dalla roccia all’improvviso e Heistald si accorge che sono lì. Mi ammonisce con lo sguardo, qui solo i traditori e gli assassini si appostano dietro le rocce, ma mi conosce e sa che sono un giovane innocuo seppur curioso.  “Nardgaot, non dovresti stare qui, sai cosa direbbe tuo padre…”- mi incalza. Io non rispondo subito, non so cosa dire. So solo che non voglio tornare dalla mia famiglia e ai campi, quella vita non fa per me. Con impeto scelgo di cogliere l’occasione e, raccolto tutto il coraggio che possiedo, gli dico d’un tratto: “Fammi venire con te.” 

Nella mia mente non riesco a credere a quanto ho appena fatto. Veramente ho chiesto al matto del villaggio di portarmi con lui in un viaggio che dura mesi verso terre sconosciute? A quanto pare sì, perché lui mi risponde subito: “Se sei stato tanto folle da passare un giorno intero a guardarmi fissare la spiaggia credo tu sia pronto, tra due notti partirai con me verso Aquileia, questo frammento è degno solo dei loro maestri incisori.”

Sono passati mesi da quella giornata. Durante il viaggio abbiamo risalito fiumi e camminato molto, lungo vie che diventano sempre più trafficate man mano che ci dirigiamo a sud. Ho notato che siamo i soli nordici a proseguire fino al Mare Adriatico: gli altri vendono o scambiano i prodotti in Pannonia, lungo il Danubio. Quando ho chiesto a Heistald perché non facessimo come loro, mi ha risposto: “Qui è pieno di gente che pensa solo ai buoni affari, ma quello che portiamo con noi è un tesoro. Tra i Romani” – mi spiega- “c’è un mito che parla di dei e racconta delle figlie di Apollo, affrante per la morte del fratello Fetonte, punito da Zeus per aver condotto con sconsideratezza il carro del Sole. Le loro lacrime, cadute nei fiumi, si trasformano nelle gocce d’ambra che abbiamo raccolto. Non sono semplici sassi costosi.” 

Per oltrepassare il Danubio abbiamo dovuto cercare un mercante romano di nome Attilio. Pare che Heistald gli abbia salvato la vita in uno dei suoi viaggi, così ogni anno lui gli permette di unirsi al suo gruppo e raggiungere assieme Aquileia, oltrepassando il limes.

Io e Heistald ci troviamo in città da qualche notte e mai avrei creduto a quello che mi aspettava qui: nessun racconto mi aveva preparato a tanta gente, tanta ricchezza e tanto splendore! Le persone di qui non ci fanno caso, quasi fosse nulla, ma per me, che vivo in una capanna, vedere case di pietra con tetti solidi e pareti colorate è qualcosa di incredibile. 

Oggi finalmente siamo riusciti a vendere tutti i pezzi d’ambra che avevamo portato con noi, anche se Heistald ha fatto molta difficoltà a cedere il frammento più grande, quello che gli avevo visto raccogliere molte lune fa. Alla fine l’ha comprato un ricco signore di qui, che per convincerlo all’affare ci ha invitati persino a cena nella sua domus. Loro hanno contrattato tutta la sera, mentre io ho ammirato la più bella casa che avessi mai visto. Il pavimento era decorato con i sassi colorati, volevo dire mosaico, che formavano diverse linee e fiocchi, mentre le pareti avevano colori vivaci e edifici dipinti, così sottili da sembrare che cadessero da un momento all’altro. E poi il giardino, oh il giardino, con un ninfeo, così pare si chiami il cortiletto con la fontana decorata con conchiglie e giochi d’acqua. Anche il cibo qui è buono, ci sono sapori che vengono da posti lontani, anche dall’Africa pare, e girando per il mercato si possono incontrare le persone che li commerciano.

Questa è anche l’ultima notte che passeremo in città. Heistald ha urgenza di ripartire, dice che deve portare in fretta l’olio che ha comprato al mercato a sua madre su al Nord. Io non voglio andarmene, mi trovo bene qui e ho anche scoperto di essere bravo a trattare. Sono riuscito a vendere l’ultimo pezzo d’ambra per il doppio del suo prezzo perché al suo interno aveva delle venature di un colore “rarissimo”, il migliore per curare i malanni e dare vitalità. Non sono sicuro queste credenze siano vere, ma speriamo diventi un bellissimo gioiello come quelli che indossano le matrone in città.

Tornerò qui ancora, almeno finché le nostre spiagge ci porteranno le gocce d’ambra e, quando non se ne troveranno più o sarò troppo vecchio, mi fermerò a vivere in città. Non sarei il primo mercante a restare, molti hanno deciso di trasferirsi, rapiti come me dal fascino e dalla dinamicità di questo luogo che sorge sul fiume, dalla bellezza unica di Aquileia.


scritto da: Serena Andreucci (Università Ca’ Foscari di Venezia)


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