Il nucleo storico della collezione del Museo di Aquileia si deve all’attività del primo collezionista e studioso di antichità aquileiesi, Giandomenico Bertoli, che raccolse numerosi reperti nella sua casa, facendoli poi confluire nelle raccolte delle famiglie Cassis Faraone e Ritter Záhony e nel museo privato realizzato nella loro villa in località Monastero.
In seguito, nel 1807, venne creato il primo museo pubblico, il Museo Eugeniano (dal nome di Eugène de Beauharnais, figliastro di Napoleone Bonaparte e vicerè d’Italia), con sede all’interno del battistero della basilica e nella Chiesa dei Pagani. A questo nucleo originario vanno poi aggiunti i reperti della collezione di Gerolamo de Moschettini, responsabile degli scavi di antichità fra il 1815 e il 1831, che fece murare nella stalla annessa alla sua proprietà sculture e iscrizioni in seguito divenute parte del patrimonio del museo. Nel 1873 sarà inaugurato dal Comune di Aquileia il Museo Patrio della Città, che diverrà pochi anni dopo l’Imperial Regio Museo dello Stato, istituito dalla monarchia asburgica nel 1882 presso la villa ottocentesca appartenuta alla famiglia Cassis Faraone, oggi sede del Museo Archeologico Nazionale.
L’inaugurazione dell’Imperial Regio Museo dello Stato o Caesareum Museum Aquileiense ebbe luogo il 3 agosto 1882 per diretta iniziativa dell’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe e alla presenza dell’arciduca Carlo Ludovico. Il primo direttore fu Enrico Maionica, studioso triestino formatosi all’Università di Vienna, che si impegnò a lungo per creare un’istituzione che acquisisse ed esponesse i reperti provenienti dagli scavi, evitandone così la dispersione sul mercato antiquario. Nel 1898 prese avvio la costruzione delle Gallerie lapidarie, dove furono esposti i numerosi reperti che non trovavano spazio all’interno dell’edificio e che i ritrovamenti e gli scavi archeologici continuavano a portare alla luce.
Nell’allestimento fu in origine adottato un criterio espositivo di
tipo antiquario, suddiviso in classi di materiali: iscrizioni, opere di
scultura e oggetti minuti, le cosiddette Antikaglien.
A
partire dalla sua istituzione, la funzione del museo quale luogo di
conservazione e di esposizione delle antichità aquileiesi si intrecciò
strettamente con l’attività di studio e ricerca archeologica che portò
nel 1893 alla pubblicazione della Fundkarte von Aquileja (la Carta dei
ritrovamenti di Aquileia), nella quale vennero posizionate le scoperte
note fino ad allora.
Nel 1915, in seguito all’entrata in guerra contro l’Austria, il museo fu una delle prime istituzioni a passare sotto il controllo italiano e, nonostante la sua vicinanza al fronte, rimase aperto per tutta la durata del conflitto e fu un importante presidio di tutela del patrimonio storico e archeologico. Nel 1922 divenne direttore del Regio Museo Archeologico l’archeologo Giovanni Battista Brusin, nato ad Aquileia nel 1883 e formatosi nelle Università di Innsbruck, Graz e Vienna. Egli guidò l’istituzione fino al secondo dopoguerra, dando nuovo impulso allo studio del patrimonio aquileiese e agli scavi, favoriti dalla nuova legislazione di tutela. La fortunata collaborazione con l’Associazione Nazionale per Aquileia, nata nel 1929 per promuovere l’archeologia del territorio, gli permise di indagare i principali monumenti della città romana e di avviare significative opere di restauro e riqualificazione finalizzate alla loro pubblica fruizione.
Nel secondo dopoguerra il museo fu interessato da un radicale rinnovamento. Nel 1954 riaprì dopo un importante intervento di rimodernamento e di riallestimento delle collezioni. Successivamente il percorso espositivo comprese anche il secondo piano dell’edificio, prima occupato dagli uffici e dalla biblioteca, e le Gallerie lapidarie furono riordinate e ampliate verso occidente con la realizzazione di un nuovo quadriportico. Qui trovò posto la “mosaicoteca”, dove furono sistemati i mosaici più significativi; altri mosaici vennero inseriti nella pavimentazione del pianterreno del museo e dei porticati esterni, secondo un uso risalente già ai primi decenni del Novecento.
A ridosso delle Gallerie si costruirono nuovi depositi per raccogliere i numerosi reperti non esposti e i materiali che via via emergevano dall’attività di tutela e di ricerca archeologica portate avanti da Luisa Bertacchi, che nel 1959 successe a Valnea Scrinari nella direzione del museo.
L’allestimento museale in seguito venne ulteriormente aggiornato, con il rinnovamento di alcune sezioni e il rifacimento del secondo piano, trasformato negli anni Novanta nel “tesoro” del Museo, con i materiali più preziosi e la collezione numismatica.
Modifiche radicali al percorso espositive sono quelle compiute con il progetto di restauro architettonico e riallestimento in corso in questi anni.